"Il saluto più grande è per voi, cari atleti, allenatori e dirigenti delle società sportive. Conosco e apprezzo il vostro impegno e la vostra dedizione nel promuovere lo sport come esperienza educativa. Voi, giovani e adulti che vi occupate dei più piccoli, attraverso il vostro prezioso servizio siete veramente a tutti gli effetti degli educatori. E’ un motivo di giusto orgoglio, ma soprattutto è una responsabilità! Lo sport è una strada educativa. Io trovo tre strade, per i giovani, per i ragazzi, per i bambini. La strada dell’educazione, la strada dello sport e la strada del lavoro, cioè che ci siano posti di lavoro all’inizio della vita giovanile! Se ci sono queste tre strade, io vi assicuro che non ci saranno le dipendenze: niente droga, niente alcol. Perché? Perché la scuola ti porta avanti, lo sport ti porta avanti e il lavoro ti porta avanti. Non dimenticate questo. A voi, sportivi, a voi, dirigenti, e anche a voi, uomini e donne della politica: educazione e sport!
E’ importante, cari ragazzi, che lo sport rimanga un gioco! Solo se rimane un gioco fa bene al corpo e allo spirito. E proprio perché siete sportivi, vi invito non solo a giocare, come già fate, ma c’è qualcosa di più: a mettervi in gioco nella vita come nello sport. Mettervi in gioco nella ricerca del bene, nella Chiesa e nella società, senza paura, con coraggio ed entusiasmo. Mettervi in gioco con gli altri e con Dio; non accontentarsi di un “pareggio” mediocre, dare il meglio di sé stessi, spendendo la vita per ciò che davvero vale e che dura per sempre. Non accontentarsi di queste vite tiepide, vite “mediocremente pareggiate”: no, no! Andare avanti, cercando la vittoria sempre!
Nelle società sportive si impara ad accogliere. Si accoglie ogni atleta che desidera farne parte e ci si accoglie gli uni gli altri, con semplicità e simpatia. Invito tutti i dirigenti e gli allenatori ad essere anzitutto persone accoglienti, capaci di tenere aperta la porta per dare a ciascuno, soprattutto ai meno fortunati, un’opportunità per esprimersi.
E voi, ragazzi, che provate gioia quando vi viene consegnata la maglietta, segno di appartenenza alla vostra squadra, siete chiamati a comportarvi da veri atleti, degni della maglia che portate. Vi auguro di meritarla ogni giorno, attraverso il vostro impegno e anche la vostra fatica.
Vi auguro anche di sentire il gusto, la bellezza del gioco di squadra, che è molto importante per la vita. No all’individualismo! No a fare il gioco per se stessi. Nella mia terra, quando un giocatore fa questo, gli diciamo: “Ma questo vuole mangiarsi il pallone per se stesso!”. No, questo è individualismo: non mangiatevi il pallone, fate gioco di squadra, di équipe. Appartenere a una società sportiva vuol dire respingere ogni forma di egoismo e di isolamento, è l’occasione per incontrare e stare con gli altri, per aiutarsi a vicenda, per gareggiare nella stima reciproca e crescere nella fraternità.
Tanti educatori, preti e suore sono partiti anche dallo sport per maturare la loro missione di uomini e di cristiani. Io ricordo in particolare una bella figura di sacerdote, il Padre Lorenzo Massa, che per le strade di Buenos Aires ha raccolto un gruppo di giovani intorno al campo parrocchiale e ha dato vita a quella che poi sarebbe diventata una squadra di calcio importante.
Tante delle vostre società sportive sono nate e vivono “all’ombra del campanile”, negli oratori, con i preti, con le suore. E’ bello quando in parrocchia c’è il gruppo sportivo, e se non c’è un gruppo sportivo in parrocchia, manca qualcosa. Se non c’è il gruppo sportivo, manca qualcosa. Ma questo gruppo sportivo dev’essere impostato bene, in modo coerente con la comunità cristiana, se non è coerente è meglio che non ci sia! Lo sport nella comunità può essere un ottimo strumento missionario, dove la Chiesa si fa vicina a ogni persona per aiutarla a diventare migliore e ad incontrare Gesù Cristo.
Mi raccomando: che tutti giochino, non solo i più bravi, ma tutti, con i pregi e i limiti che ognuno ha, anzi, privilegiando i più svantaggiati, come faceva Gesù. E vi incoraggio a portare avanti il vostro impegno attraverso lo sport con i ragazzi delle periferie delle città: insieme con i palloni per giocare potete dare anche ragioni di speranza e di fiducia. Cercate sempre questo. E io vi assicuro che su questa strada non ci sarà la dipendenza dalla droga, dall’alcol e da tanti altri vizi."
E’ importante, cari ragazzi, che lo sport rimanga un gioco! Solo se rimane un gioco fa bene al corpo e allo spirito. E proprio perché siete sportivi, vi invito non solo a giocare, come già fate, ma c’è qualcosa di più: a mettervi in gioco nella vita come nello sport. Mettervi in gioco nella ricerca del bene, nella Chiesa e nella società, senza paura, con coraggio ed entusiasmo. Mettervi in gioco con gli altri e con Dio; non accontentarsi di un “pareggio” mediocre, dare il meglio di sé stessi, spendendo la vita per ciò che davvero vale e che dura per sempre. Non accontentarsi di queste vite tiepide, vite “mediocremente pareggiate”: no, no! Andare avanti, cercando la vittoria sempre!
Nelle società sportive si impara ad accogliere. Si accoglie ogni atleta che desidera farne parte e ci si accoglie gli uni gli altri, con semplicità e simpatia. Invito tutti i dirigenti e gli allenatori ad essere anzitutto persone accoglienti, capaci di tenere aperta la porta per dare a ciascuno, soprattutto ai meno fortunati, un’opportunità per esprimersi.
E voi, ragazzi, che provate gioia quando vi viene consegnata la maglietta, segno di appartenenza alla vostra squadra, siete chiamati a comportarvi da veri atleti, degni della maglia che portate. Vi auguro di meritarla ogni giorno, attraverso il vostro impegno e anche la vostra fatica.
Vi auguro anche di sentire il gusto, la bellezza del gioco di squadra, che è molto importante per la vita. No all’individualismo! No a fare il gioco per se stessi. Nella mia terra, quando un giocatore fa questo, gli diciamo: “Ma questo vuole mangiarsi il pallone per se stesso!”. No, questo è individualismo: non mangiatevi il pallone, fate gioco di squadra, di équipe. Appartenere a una società sportiva vuol dire respingere ogni forma di egoismo e di isolamento, è l’occasione per incontrare e stare con gli altri, per aiutarsi a vicenda, per gareggiare nella stima reciproca e crescere nella fraternità.
Tanti educatori, preti e suore sono partiti anche dallo sport per maturare la loro missione di uomini e di cristiani. Io ricordo in particolare una bella figura di sacerdote, il Padre Lorenzo Massa, che per le strade di Buenos Aires ha raccolto un gruppo di giovani intorno al campo parrocchiale e ha dato vita a quella che poi sarebbe diventata una squadra di calcio importante.
Tante delle vostre società sportive sono nate e vivono “all’ombra del campanile”, negli oratori, con i preti, con le suore. E’ bello quando in parrocchia c’è il gruppo sportivo, e se non c’è un gruppo sportivo in parrocchia, manca qualcosa. Se non c’è il gruppo sportivo, manca qualcosa. Ma questo gruppo sportivo dev’essere impostato bene, in modo coerente con la comunità cristiana, se non è coerente è meglio che non ci sia! Lo sport nella comunità può essere un ottimo strumento missionario, dove la Chiesa si fa vicina a ogni persona per aiutarla a diventare migliore e ad incontrare Gesù Cristo.
Mi raccomando: che tutti giochino, non solo i più bravi, ma tutti, con i pregi e i limiti che ognuno ha, anzi, privilegiando i più svantaggiati, come faceva Gesù. E vi incoraggio a portare avanti il vostro impegno attraverso lo sport con i ragazzi delle periferie delle città: insieme con i palloni per giocare potete dare anche ragioni di speranza e di fiducia. Cercate sempre questo. E io vi assicuro che su questa strada non ci sarà la dipendenza dalla droga, dall’alcol e da tanti altri vizi."